10.9.06

Slayer- Christ Illusion

Cinque anni di assenza possono essere davvero lunghi ma gli Slayer si sono sdebitati con due sorprese, Dave Lombardo dietro le pelli e un bell'album. Può anche bastare.

Quello che oggi si chiede agli Slayer è di non deludere, di farci sentire che una delle band più violente del pianeta possiede ancora rabbia in corpo, poco importa se indirizzata contro la Religione, qualsiasi, contro Dio, qualsiasi. A sentire Christ Illusion sembra che per gli Slayer sia la cosa più naturale, anche a costo di ripetersi secondo una cifra stilistica che è ormai un marchio.
La band originaria di Los Angeles rimescola le stesse carte di sempre, anzi qui in modo ancora più "tradizionale" che nelle recenti uscite, si mette di nuovo dritta e guarda il panorama di nuovo a testa alta.
Detto della ottima prova di tutti - Lombardo è Lombardo, Hanneman e King forse per la prima volta fanno degli assoli un attimo più ragionati (escluso quello su Supremist) - è Araya a risplendere. Nonostante i problemi di voce di qualche anno fa, quest'uomo a quaranta anni suonati rilascia una aggressività vocale che è pura energia. Mai stato un cantante normale o ancor meno eccelso, Araya continua quanto ampiamente fatto su "God Hate Us All" ossia spingere come un ossesso, invasato dall'onda lunga "hardcore" che sembra averlo decisamente preso da un paio di album a questa parte. Fate un primo pit-stop su Catalyst per un carico di energia.

"Christ Illusion" rimanda alla sacra triade "Reign In Blood"-"South Of Heaven"-"Seasons In The Abyss", il primo richiamato per la violenza, gli altri due per quella rutilante mistura di riff grezzi eppure sempre intellegibili e di ganci sparsi qua e là, sottolineati dall'intesa rodatissima tra chitarre ritmiche e batteria. Tolte Eyes Of The Insane e (in parte) Black Serenade che risentono più di altri episodi delle idee presenti su "Seasons In The Abyss", è tutto un gioco di rimandi mai espliciti ma evidenziati da uno stile ormai superconsolidato.
L'intensità fa da stella polare e regala un disco senza alcun momento di cedimento, tutte le tracce girano con la lancetta del tachimetro in costante rosso e sempre con grossa ispirazione. Hannemman e King si confermano abilissimi autori, il primo firma Jihad - l'11 Settembre visto dagli occhi dei terroristi - il secondo è anche in questa occasione artista dalla vulcanica inventiva lirica e musicale; c'è la sua mano in calce a Flesh Storm, Catalyst, Cult (sentite il riff sulla strofa..), Skeleton Christ (con la compicità di un Lombardo "tentacolare"), alla sulfurea Catatonic, unico episodio del disco non lanciato a velocità esasperata, e ai relativi espliciti testi anti-religiosi, dei rush a rotta di collo spezzati da stop & go dosati ad arte.

Se c'è qualcosa di attuale, e di sorprendente, negli Slayer del 2006 è proprio la loro vena incazzata che torna a ingrossarsi in mezzo alla fronte. In termini assoluti la cosa può non essere importante ma c'è bisogno di certezze in questo mondo.

1 commento:

accento svedese ha detto...

questo deve essere parecchio figo, anche se gli Slayer non mi hanno mai preso troppo, mi prendevano di più i loro cloni hardcore come gli Integrity, gli Strife o gli Earth Crisis.:) Ad ogni modo mi piace un sacco Undisputed Attitude, il disco di cover hardcore.