7.10.14

Il gesto non banale di mettersi un paio di cuffie


Sono successe un pò di cose.
Me ne sono andato in vacanza, sono tornato a lavoro, sono ritornato in vacanza, ritornato a lavoro, trasferito a Londra per lavoro.
Di musica sotto i ponti ne è passata diversa ma avevo la testa ben altrove quindi dentro ne è rimasta poca e per poco tempo. Ecco, giusto negli ultimissimi tempi ho tirato un piccolo respiro, dopo dieci giorni da infarto tra nuovo lavoro - ma l'azienda è la stessa - ricerca infernale di una piccola casa a Wimbledon dove lavoro, pranzi e cene saltati per lo stomaco chiuso tipo fist fucking, ambientamento vario e eventuale. Insomma spazio per la musica praticamente zero. Idem per concerti eccetto un set memorabile dei Black Bombaim ai Corsica studios che mi hanno ripulito di un pò di stress.

Non sono ancora nella nuova casa, sono parecchio accampato ma stasera finalmente ho trovato la tranquillità e la voglia per buttarmi sul letto, accendere il mio caro macbook, infilarmi le cuffie e passare una serata come spesso faccio quando sono a casa. Perchè fare gesti che sono normali nella routine quotidiana non mi vengono automatici quando quella routine non esiste più.
Adesso di routine ce n'è un'altra e bisogna abituarsi, prendere le misure, sentirsi tanto 'comfortable' da indossare un paio di cuffie semi-isolanti e percorrere la strada a piedi sapendo che farlo ti fa stare bene, ti fa sentire a casa, che è parte sana della tua vita quotidiana.

Non è ancora così, sto prendendo le misure con un pò di cose, con gli spostamenti che per quanto brevi ti impongono ancora attenzione,  con chi e cosa mi circonda. A piccoli passi il gesto di indossare un paio di cuffie e isolarti dal mondo consapevole che, se tutto fila liscio, non ti succede niente sarà la prova definitiva che mi sento bene, che sto bene, che mi sento al sicuro.
Quindi non penso ci sia niente di meglio del nuovo album dei Solstafir per musicare un cammino. Un disco con cui mi trovo in sintonia in questo periodo, un disco che asseconda i miei stati d'animo che in questo periodo cambiano esattamente come il clima londinese.

4.8.14

For the love of the Magna Super Sludge Fuzz

Avevo un pò di roba nelle bozze da mesi, buttiamola fuori.
 L'ultimo dei Radio Moscow non mi è piaciuto granchè, dal vivo rimangono una meravigliosa macchina blues rock psichedelico, starei ad ascoltarli per ore ma su disco rimango affezionato a tutti i dischi compreso il penultimo che conteneva più il frutto di jam e improvvisazioni che canzoni vere e proprie. Magical Dirt mi sembra su quella scia, solo meno riuscito.





Boh, gli Zu mi pigliano male, su disco e dal vivo. Al SoloMacello due pezzi erano pure troppi. Il nuovo ep poi non mi dice una cippa.



E i Thou mettono ancora roba fuori, stavolta uno split con i The Body in streaming su Invisible Oranges. Incontenibili. Uscirà solo in vinile 180 grammi, niente cd, niente digitale.
Qualcuno mi ha detto che, visto da fuori, ascolto la musica come se fosse sacra mentre nelle cuffie si scatena l'inferno. Mi piace come immagine, è vero. A volte mi capita di scorrere il dito sul mouse cambiando pagina distrattamente senza leggere perchè sono concentrato con le orecchie e non con gli occhi.
Non penso sia una questione di tipo di suoni, la faccenda è "cosa attira di più la mia attenzione?" spesso  quello che passa nelle orecchie e in effetti mi viene un pò difficile ascoltare roba nuova e leggere un libro, meglio leggere qualcosa con figure (si, come i bambini), mi richiede meno attenzione.

Un disco come Luminous dei The Horrors per esempio non è  un lavoro per niente difficile eppure negli ultimi tempi il mio ditino ci è tornato parecchio.
Li avevo lasciati con il primo disco, un bel concentrato di garage rock e me li ritrovo adesso a mischiare psichedelìa pop, shoegaze e chili di synth. Sento anche qualche spruzzatina di Smiths.
 Un disco che sento parecchio spensierato, un disco allegro, un disco capitato all'ascolto per caso leggendo due stronzate su uno dei tanti blog che leggo la sera per farmi compagnia con gli ascolti notturni, un disco che mi è piaciuto subito fino alla prima metà, cala un pò verso la fine, si poteva benissimo fermare alla splendida settima traccia I see you.

29.6.14

Io ho ingollato il Liquido di Morte

Dunque, questo è il post numero 1000, che di per sè è un bel risultato solo solo per il fatto che Google non mi abbia cancellato il blog per scarsissima attività.
Ora, che sia il post numero mille me ne sono accorto solo dopo aver schiacciato il tasto Pubblica, poi sono tornato indietro e ho aggiunto queste quattro righe.
Pensandoci non poteva esserci compleanno migliore.
Il tutto iniziava più o meno così:
In una domenica piovosa e grigia come questa - fuori però non ci sono i miei amati 8-10 gradi ma 20 comunque quindi caldo umido abbestia - surfo sulle mie ultime aggiunte alle novità da ascoltare su Spotify. Per cazzi e mazzi personali ho ascoltato poca roba in queste due/tre settimane, poco tempo la sera e non per colpa del Mondiale che sto seguendo molto meno che le passate edizioni.
Semplicemente c'ho altri cazzi per la testa, quindi oggi pomeriggio ho ringraziato il brutto tempo che mi fa stare a casa bello contento a farmi due/tre chili di cazzi miei e ho sfoltito un pò la lista delle cose nuove da ascoltare.

Un ascolto distratto a We got this dei The New Christs, giusto per farmi un'idea vera di che parti bazzicano questi veterani dell'Aussie rock. Disco carino ma a metà li ho mollati, me li aspettavo più grezzi e cafoni.. Ancora un salto su Get Back dei Pink Mountaintops per farmi un'idea definitiva, ascoltarlo bene in cuffia e decidere che, no non è il disco giusto per adesso e non è neanche un disco granchè interessante, Outside love del 2009 era davvero su un altro pianeta.
Quindi mi butto su Blissfucker dei Trap Them, band che adoro. Passa un minuto e mezzo e mi faccio la domanda più normale di questo mondo: ma io che cazzo voglio ascoltare davvero?

Il pensiero va subito ai Liquido di Morte. Il disco omonimo è fresco di stampa solo in vinile quindi off per me ma c'è un bel name your price su Bandcamp e allora 3 pezzi=3 euro e sono un campeggiatore felice. Sti tre pezzi sono una malattia, è la cosa che sto ascoltando di più in questi tre giorni, tre pezzi dal minutaggio lungo, 8 10 e 18 minuti abbondanti ma diocane quanto scivolano, roba da mettere in play un paio di volte a sera altrimenti non sono sereno.

Dunque i LDM sono per metà il duo di SoloMacello e per l'altra metà due altri amici. Uguale, gente che vedo ai concerti almeno almeno una volta al mese.
E' banale dire che sti tre pezzi sono quello che i ragazzi vorrebbero sentire in un certo tipo di band e conoscendo abbastanza i loro gusti e trovandoci regolarmente a vedere le stesse band al Roadburn direi che l'affinità sulla carta era già alta. Però ecco, l'assioma vuole che chi sia bravo a scrivere di musica, a fare un lavoro di marketing eccellente con la musica, insomma a costruirsi un'immagine e venderla alla grande pure ai pinguini metallari del polo sud, non lo sia altrettanto quando passa dall'altra parte della barricata, quando la musica bisogna suonarla, bisogna buttare giù idee, metterle insieme e non ci sono altri discorsi in mezzo.
Per quel che si sente in questi tre pezzi il risultato è al di sopra delle mie aspettative ed è contagioso, sti pezzi mi si infilano in testa e mi vien voglia di ascoltarli spesso.

I LDM viaggiano sulle onde della psichedelìa nera, del doom post-mischione moderno con qualche spruzzo di black metal all'inizio di In Death of Space,  li suonano strumentali, hanno un bel groove, hanno buone idee su come mettere insieme le stesse idee, hanno, loro o chi per loro, messo dentro qualche chicca 'compositiva'- ascoltate come entra la chitarra al 2'18" di Ozric Pentacles, come un suono radio di disturbo, si infila sgraziatissimo sul canale destro e si propaga. Abituato a sentire la botta di muro sonoro diretto quando entrano le chitarre in crescendo, un classico del postcore, le prime due volte che l'ho sentita ho pensato che fosse una cagata, una cosa uscita fuori male e magari lo è, una cosa  uscita fuori alla cazzo di cane ma di sicuro ha un senso estetico.
Con tutti gli agganci che hanno potrebbero già mettere in piedi un festival itinerante per l'Italia e suonare da headliner. Io li voglio vedere suonare in una saletta piccola, caldissima, e con poca gente, piazzarmi là davanti e godermeli. Chiedo poco no?




30.5.14

Sangue



Ecco, dischi del genere mi fanno venir voglia di aprire blogger e buttare giù due stronzate senza pensarci troppo. L'amore e la stima che nutro per Chris Spencer e gli Unsane non è facile da esprimere quindi qualsiasi cosa Chris faccia attira immediatamente la mia attenzione.
Mettici anche che gira e rigira il suo stile è quello, e il suo stile vocale e musicale mi fa impazzire quindi è parecchio facile acchiappare la mia attenzione.

Ora, la roba precedente questo disco non la conosco, i CT9 mi erano sfuggiti, non li conoscevo prima.
Mentre Descent fa un secondo giro mi viene abbastanza fluido pensare che i CT9 hanno la stessa radice degli Unsane, immaginate degli Unsane con un suono (occhio che dico, suono) meno irruente, un cincinin meno irruente eh, ma i riff, basso e batteria che viaggiano come dei trattori caracollanti, la voce di Chris è sempre quella. Si, forse c'è un tantino di slide in più ma niente che faccia pensare a un progetto tanto tanto tanto diverso dagli Unsane.
Ora, in questa intervista Chris dice che gli Unsane sono un pò messi nel freezer, Signorelli vive in Messico, Curran fa il tour manager per Melvins e King Buzzo Solo quindi il Nostro che fa, riesuma una sua vecchia band, stampa il disco in vinile per la sua etichetta personale il cui nome tra l'altro è preso dal grossista di carni a New York dove Spencer si procurava il sangue per parecchie copertine degli Unsane - ditemi se questa non è  malattia assurta a gesto artistico supremo - e fa le cose che ha sempre fatto, che gli piace fare e che a noi piace ascoltare da matti.
Il disco è parecchio più godibile e ascoltabile delle ultime cose fatte dagli Unsane e lo ripeto, un suono e un songwriting un attimo meno aspro e violento fa tanto.
Over.

24.5.14

Bellevue

Il 99% dei video estremi sono noiosi perchè compare la band a spararsi le pose.  E il 99% di chi suona in una band estrema è brutto per antonomasia quindi non c'è un cazzo di bello da guardare. Il 99% dei video estremi li stoppo al primo minuto.
Questo video l'ho visto tre volte.

6.5.14

Nudo, e non è un bel vedere




Non si riesce a trovare mai un cristo di equilibrio in questa esistenza di merda, quando hai qualcosa in più hai sempre qualcosa in meno, sempre. 

Se un disco mi entra dentro è sempre legato a un emozione, un sentimento forte. Stavolta tocca a questo disco fare da inattesa, assolutamente inattesa, colonna sonora di una domenica abbagliante fuori ma malinconica dentro. 
Sto disco ha cominciato a infilarsi dentro con Hollow Pounds, brividini fin giù all'osso sacro; Hollow Pounds ha aperto le acque. Prima e dopo una sequenza di pezzi e di groppo in gola che cresce. "Ma cristo santo, mi viene il magone con Albarn?!", roba da togliersi le cuffie, essere costretti ad ascoltare le stronzate della gente, perchè il magone dalla gola era sceso allo stomaco. Di solito tolgo un disco perchè mi scassa i coglioni, non perchè è troppo.
Di sicuro questo disco amplifica qualcosa che avevo dentro. E come capita spesso "eiaculo" gocce di sfogo dagli occhi su un treno, simbolo di trasporto, di movimento, di fuga.
Sempre in movimento, sempre in fuga, errante e migrante, non sempre fisicamente, molto più spesso mentalmente.
Ogni tanto comprare un disco significa dare sostanza fisica ai propri sentimenti. Di solito sono sentimenti positivi, stavolta bisognava dare concretezza alle proprie malinconie. 
Everyday Robots lo ricorderò sempre come il disco comprato quel giorno che mi sono svegliato a mezzogiorno, l'ho attaccato a mezzogiorno e mezzo, l'ho staccato dopo quattro ore, l'ho riattaccato dopo due ore, l'ho ristaccato, e così via a intervalli di due ore fino al momento di andare a dormire. 
E mi ha accompagnato  andata-treno, salto in libreria, la discesa agli inferi che era Corso Buenos Aires la domenica pomeriggio, rifugio-stazione-ritorno-treno, una passeggiata solitaria dalle mie parti circondato da campi e qualche sporadico corridore della domenica che mi ha rimesso in sesto completamente.
Insomma una domenica dove mi sono fatto chili e chili e chili di cazzi miei fino ad abusarne, una domenica parecchio inusuale eppure la ricorderò come una domenica malinconica.

27.4.14

Thantifaxath

Ormai gli incappucciati/mascherati non fanno più gran notizia eppure su di me chi si presenta a volto coperto, con maschere, chi mantiene identità anonime attira sempre curiosità.
Fu così per i Ghost che si sono sempre rivelati una grossa delusione, è andata decisamente meglio con i Sunn O))), i Master Musicians of Bukkake,  i Terra Tenebrosa, i primi che mi vengono in mente, che altri incappucciati girano le lande del mondo estremo?
Mezza foto dei Thantifaxath prima della recensione di Sacred White Noise su Cvlt Nation mi ha incuriosito, il pezzo in streaming alla fine della recensione mi ha convinto. Death metal in salsa Voivodiana va più che bene per me, poi il resto rimane ancora una sorpresa.