31.1.13

Aidoru

Ma a me, nel 97, chi me lo doveva dire che Aidoru era il secondo romanzo della trilogia del Ponte?
L'ho scoperto ieri.
Aquei tempi mi stavo giusto avvicinando alla rete aprendo il mio primo account hotmail, iscrivendomi alla mailing list del fan club di Bombolo (!!) e smanettando timidamente con gli ultimi vagiti di Napster. E non capendoci un cazzo se ero io l'impedito o il dial-up a 56 kbps..

Beata memoria fottuta, non ricordo se ho già letto il libro, nel 97, 98, 99 o salcazzo quando.
So solo che l'ho preso dalla libreria qualche settimana fa, pagine ingiallite, crepe su copertina e costoletta, quindi i segni dell'uso e dell'usura ci sono tutti, ma non ricordo una minchia della storia quindi è una festa, è come se l'avessi comprato ieri.
Aidoru, William Gibson, letteratura cyberpunk. Giusto per dare due coordinate se continuare a leggere oppure no.
Rileggerlo adesso è come avere davanti un trattato storiografico di questi e dei prossimi giorni, ma davvero quelli piû prossimi.

Di che parla, a grandi linee, potrei anche dirlo ma il grossissimo rischio e di banalizzare il tutto, perchè la storia in sè ( e non l'ho ancora finito) sembra essere stupidotta ma le implicazioni sociali e culturali,visionarie e reali, sono il piatto forte.
Niente navicelle spaziali, macchine volanti, dischi luminosi, nel romanzo si viaggia ancora con gli aeroplani ma invece di leggerti un libro apri una console, ti metti dei ditali e ti passi il tempo nella realtà virtuale, per dire..
Ambientato in Giappone, le ragazzine impazziscono per una boy band il cui leader vuole sposare un'altra star dello spettacolo totalmente digitale..un Aidoru appunto.
In mezzo c'è una mezza spy story con un 'data miner' come protagonista (praticamente il 50% del mio lavoro) abilissimo a scovare informazioni non sulla Rete ma dentro la Rete focalizzandosi sui 'punti nodali', crocevia digitali dove le informazioni passano, lasciano il segno, si stratificano e creano l'alter ego digitale di ciascuno di noi…




E per essere un libro di Gibson la storia non è neanche tanto complessa; è quando Gibson si sofferma sulle descrizioni che mi mette a dura prova.

Letto con 'Longing' dei Bell Witch in cuffia è la morte sua. Che sia mattina o sera - per me poco cambia, vado a letto con lo scuro e mi alzo con lo scuro anche se sono le nove del mattino -  il lentissimo e fascinosissimo doom del duo americano accompagna qualsiasi scena con la giusta indolenza e scioglie le descrizioni più intricate.

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