Sinceramente ce ne frega ben poco. La band americana continua su un sentiero di attaccamento alla tradizione rock-blues che però ha nella freschezza ritmica il suo appiglio ad un modo moderno di intendere il rock.
In questo percorso la particolarità di "Bale Street To Oblivion" sta nella matrice blues, qui marcata rispetto agli ultimi due album, su cui i Clutch fondano l'ossatura di questi dodici pezzi.
La conseguenza evidente è che la produzione di Joe Barresi (Kyuss) pone le chitarre, in precedenza più in evidenza e aggressive, ora un mezzo passo indietro, e mette in primo piano invece l'hammond, già presente nel precedente "Robot Hive/Exodus" e che qua acquista più spazio.
In occasioni come You Can't Stop Progress e Power Player i Clutch spingono come un track lanciato su una delle tante strade secondarie della profonda provincia americana, e Neil Fandon, redneck per eccellenza, preme sull'accelleratore delle sue corde vocali regalando sempre prestazioni rabbiose e calde ma la linea generale dell'album rappresentata bene da The Devil & Me o Opossum Minister, tributi al più caldo boogie blues-rock, roba che Muddy Waters starà benedicendo dall'alto dei cieli.
Electric Worry, Child of the City, Rapture of Riddley Walker parlano il verbo nero alla maniera rock bianca sfruttando tutti gli archetipi della blues-song del Delta del Mississipi, ora tarantolati, ora più rilassati, compresi gli accessori minimi necessari come armonica e slide-guitar.
I Clutch di "Bale Street To Oblivion" battono dunque strade classiche con gran classe sguazzando a proprio agio dentro le acque di un rock arcigno tinto di blues.
Nel tour europeo che è partito a inizio Aprile l'Italia non c'è ma non sembra del tutto impossibile che non facciano una capatina da queste parti. Perchè ci devono privare di una simile botta blues??
Electric Worry Video
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