6.6.07

Neurosis- Given To The Rising

Nuovo Neurosis sugli scaffali ed ennesimo tentativo di prendere un dinosauro con una retina per farfalle. Prima di iniziare, un unico consiglio: compratelo/recuperatelo. "Given To The Rising", bisogna dirlo, è un disco assai meno complesso di quanto ci si potesse aspettare. E assai corrosivo, anche questo non ce lo aspettavamo ma intimamente lo desideravamo parecchio. Loro che del "catastrofismo" in musica sono i maestri indiscussi, nella catastrofe già avvenuta ci sguazzano, mentre gli altri figliocci (Isis in primis) sono stati sempre "sul punto di" senza mai buttarsi definitivamente oltre il precipizio, anzi prendendo sempre più spesso "il volo". E dal centro del vulcano i Neurosis hanno un punto di vista più chiaro degli altri che stanno lassù in cima, non possono barare in primis a sè stessi.

"Given To The Rising" è un collage di Neurosis di ieri e dell'altro ieri ( gli attacchi di "Through Silver In Blood", le meditazioni di "A Times Of Grace") di sperimentazioni con i Tribes Of Neurot, di Harvestman, di Red Sparowes. La quercia Neurosis da cui tutto è partito raccoglie su "Given To The Rising" un pò di tutto.

Te ne accorgi subito dal pezzo che da il nome all'album, con quel suo attacco corrosivo di doom marcio che però poi si apre diradandosi nell'intimità con l'aiuto degli archi e parte verso un crescendo di notevole intensità. E pensi a "A Times Of Grace".
Si ha subito la sensazione di aver fatto un piccolo salto nel passato e la conferma si ha con "At The End Of The Road" e "Hidden Faces", noise e doom mortiferi che ricordano la claustrofobia di "Through Silver In Blood"-"Enemy Of The Sun". Batteria tribale, voce distortissima, organi spettrali che si impastano, è il trionfo di un caos lucidissimo. "Water Is Not Enough" viaggia su binari simili ma è più "progressiva",
"Shadow" e "Nine" invece sono organismi monocellulari che fluttuano nello spazio disturbato dalle basse frequenze. E ancora, "Distill" è un ibrido sfuggente che racchiude quanto detto prima.
Dunque Von Till e compagni recuperano molta violenza che latitava sul precedente album e la sparano come sanno fare, senza fronzoli, con mestiere e classe. Mettono da parte quel velo intimista che ammantava "The Eye Of Every Storm" e indossano nuovamente (finalmente) i panni del post-doom nudo e crudo.

E' difficile che i Neurosis introducano cambiamenti radicali da un album all'altro, le loro evoluzioni si possono leggere nell'arco di due-tre album complessivi e questo nuovo lavoro non fa differenza. La band americana ha aggiunto piccoli dettagli a songwriting e sound, certe derive "drone-ambient", brevi escursioni come "Shadow" e "Nine", persino un bellissimo pezzo come "To The Wind" nel suo scorrere tutto sommato lineare per quasi tutta la sua durata appare come una piccola novità. Tutti elementi che si fanno leggere come un tentativo dei Neurosis di andare oltre i Neurosis, di costruire un post-Neurosis.

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