20.8.08

C'erano una volta i Mammoth Volume

I Mammoth Volume si svegliano dal torpore e offrono aggratis il loro nuovo disco.
Dopo un primo ascolto..anche se niente male, le vette di A single book of songs sono lontanissime.
Ora suonano un grunge ben fatto ma scialbetto con rare scosse e qualche ricordo proto-prog del tempo che fu. Cosa gli sia davvero successo non lo so. Dopo l'uscita di A single book of songs nel 2001 per la buonanima della Music Cartel avevano tutte le potenziali per affermarsi, non solo nell'underground, come una grandissima band, una delle punte di diamante del retro rock made in Sweden partito dallo stoner ma approdato ad un livello di maturità strumentale e compositiva invidiabile nel giro di due dischi.
E sì che quello era un periodo particolarmente florido in terra di Scandinavia anche per chi tornava a rinverdire i fasti del prog degli anni Settanta con spruzzate di rock assolutamente moderno. Dentro A Single Book.. ci stanno dentro gli Yes a spasso con il rock robotico dei Queen Of The Stone Age, ci stanno dentro certe intuizioni dei Motorpsycho ben prima dei Motorpsycho, c'è la psichedelìa e il folk.

A questo disco sono particolarmente affezzionato perchè fu uno dei primi di cui scrissi una recensione per Freak-Out e feci pure un'intervista via mail con i nostri. La rece è ancora on line:

Mammoth Volume - A Single Book Of Songs by - (The Music Cartel)

A distanza di un anno dall'ep The Noara Dance (The Music Cartel, 2000), tornano gli svedesi Mammoth Volume con una nuova, splendida raccolta di canzoni che li conferma tra i migliori act europei in ambito hard psichedelico. Di stoner rock propriamente detto qui c'è poco se non qualche interessante spunto kyussiano, patrimonio genetico peraltro oramai acquisito e digerito da qualsiasi epigono della band californiana. Peraltro parlare di stoner non riconoscerebbe loro il camaleontismo musicale di cui è intriso " A single book..." che ha nella varietà e nella fantasia di atmosfere e arrangiamenti i punti di forza. In questo disco convivono in perfetta armonia hard rock corpulento e pestone, straordinari affreschi prog rock e solitarie prove acustico-mantriche ( "Aum").

Il primo è testimoniato da brani come "Vipera Berus", "Noara Dance" (che non sfigurerebbe in una track-list dei Queens Of The Stone Age ), " Brave Manic Mover" dai liquidi riff mammoth e "K", bellissimo boogie ' n'roll arricchito da un micidiale mid tempo denso di groove nel ritornello, il secondo dalla mini-serie (così da loro concepita) sul primo periodo cristiano articolata in " The so called 4th sect", "What Happened in Antioch (including Myriad of sounds)" e "Pleroma" in cui i Mammoth Volume abbracciano in pieno il verbo prog e a mio parere danno il meglio di sè. Questi tre episodi mostrano i Nostri pienamente a loro agio con ficcanti controtempi, sfuriate virtuose tra chitarre e hammond, e un sapiente uso di keyboards d'annata (mellotron, moogsynth, piano elettrico ) a fare, ora, da cerniera nei rientri dai chorus alle strofe, ora da apertura, come nell'intermezzo in continuo crescendo di " What happened in..". Sullo sfondo serpeggia una grandissima voglia di lasciarsi andare a lunghe e ricche jam sessions sorrette da un'indiscussa perizia tecnica. Degne di nota anche le linee vocali di Jorgen Andersson che si adattano perfettamente ai differenti registri delle canzoni.
L'unica sua assenza è nell'affresco strumentale di "Pleroma", il brano più Gentle Giant mai realizzato dai Mammoth, nelle parole del chitarrista Daniel Gustafsson. A chiudere, la sognante "Instead Of Circles" è il miglior congedo che ci si possa aspettare da un album musicalmente epico e poliedrico. Da avere.

Me ne innamorai al primo ascolto, lo senti subito quando un disco è di un livello superiore, subito.
Poi un periodo di quasi silenzio con una raccolta di vecchi pezzi mai pubblicati prima nel 2002 e nel 2005 un timido ritorno con un cd-r addirittura. Un salto indietro non secondario dovuto anche al fatto che i Nostri vivono in diverse città della Svezia e a quanto sembra non è mai stato facile comporre nè tanto meno registrare seriamente. Mettici anche i pochissimi e brevi tour e una band che non gira è una band morta.
Io ho già acceso un cero.

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