22.10.11

Kings for a lifetime


Solo per il fatto che ci sia una donna alla voce che finalmente non mi fa cagare, 'In the chapel of black hand' dei The Wounded Kings meriterebbe un posto nella top ten di fine anno.
Decisamente horns up per una band completamente a pezzi fino allo scorso anno, con il solo chitarrista Steve Mills a rimettere insieme i cocci.
Doom=sfiga per antonomasia ma su Mills ne è piovuta a pacchi, pure troppa.
Avuta la notizia che tre quarti della band aveva intenzione di mollare, nel 2010 decidono comunque di fare un tour di addio ma il batterista si infortuna quindi addio al tour di addio.
Recupera un paio di persone al basso e batteria ma gli manca il cantante e saltano due slot di supporto ai Pentagram.
Doom all'ennesima potenza.
Il disco cammina impettito e orgoglioso sulle sue gambe nonostante sguazzi nel mare magnum del doom tradizionale. I due dischi precedenti erano più granitici soprattutto quel gioiellino di The shadow over Atlantis, ma questo sembra meno impegnativo, probabilmente meno pretenzioso e con meno idee ma suona godibile da subito. Sarà il plus della voce della Neyland che fluidifica il gioco sulle fasce laterali del cervello.
 E poi è sempre bello avere l'occasione di mandare affanculo i Ghost e chi blatera che hanno anche l'immagine giusta, The Wounded Kings hanno  Sharie Neyland  che è un pò il  Messiah Marcolin con la figa, a tette invece mi sa che vince  il Panzone.
Ciuccialo qui.

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