C'è bisogno di freschezza in estate, c'è bisogno di annacarsi con tutto il corpo e non solo col testone metallaro. Allora in macchina non può mancare un disco a caso dei The Hives, una band che anche d'inverno, col nebbione fuori, con muso triste, può spararti oltre le nuvole.
D'estate c'è un enorme bisogno di Hives. Infuocati anche se arrivano dalla Svezia, stilosissimi anche se non sono dei inglesi (che sono froci), i The Hives hanno la minchia infuocata e non si fermano un attimo, randellano con un pezzo dopo l'altro e un loro disco, un disco a caso, è acqua fresca. E io le capisco le ragazzine che sbavano appresso al cantante, anche io sbaverei.
Magari leggerete in giro che The Tyrannosaurus Hives, ultimo di ormai qualche anno fa, è un disco bollito, fighetto, troppo pop, che non sono più i veri The Hives ma sti cazzi è un disco ottimo ed è quello che a me piace più di tutti.
Quindi andate qua, sparatevi quei quattro pezzi e poi qui tutti i dischi, uno dopo l'altro.
La struttura è punk ma il resto è profondamente pop contaminato con del finto rockabilly, della finta musica anni Cinquanta, con del finto beat. E' vero, è così, non c'è da prenderli sul serio i The Hives quindi capito questo, sono un gruppo vero.
E siccome anche l'occhio a volte, quando serve, quando la musica è già ottima, vuole la sua parte, consiglio anche i video su YouTube.
Delle furie da palco, vestiti di tutto punto con le cravattine sottili o smoking bianchi, scarponcini lucidi, ghette bianche, sono delle macchine da guerra. Un pò come i The Who all'inizio (si parla dei primi anni Sessanta, per chi fosse vissuto sulla luna fino a poco fa), vestiti di tutto punto, puliti, rassicuranti, quando dovevano apparire il tv. Tanto animali davanti alla telecamera che suonavano fuori sincrono per sbeffeggiare il plyaback rigoroso imposto dalle esigenze televisive.
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